Nell'Inghilterra del Settecento un ruolo decisivo ebbe l’industria
del ferro che si sviluppò e si intrecciò a quella tessile e fu
protagonista della Rivoluzione industriale.
Infatti,la crescita continua della domanda di prodotti
tessili spinse a intensificare il processo di industrializzazione e di meccanizzazione:
si innescò pertanto un processo circolare di sviluppo.
Benché non
fosse povera di miniere di ferro, l’Inghilterra, ancora per buona parte del
Settecento, fu costretta a importare ghisa in barre dalla Svezia. La fusione
del ferro avveniva in altiforni alimentati con carbone di legna .Il rapido
esaurimento delle riserve di legname, l'alto costo dei trasporti e la scarsa
purezza della ghisa prodotta, rendevano poco economica la siderurgia nazionale.
La svolta si ebbe a partire dal 1783, quando Henry Cort mise a punto una tecnica
che permetteva di fondere la ghisa in altiforni per mezzo del coke, carbon
fossile sottoposto a una speciale cottura che ne riduceva le impurità. La
siderurgia inglese si metteva così in condizione di soddisfare la crescente
domanda di prodotti ferrosi che proveniva dall’agricoltura e dal settore
tessile, raddoppiando, in meno di vent'anni, la produzione di lingotti di
ghisa. Si venne creando un circolo economicamente propulsivo fra il carbone, di
cui la Gran Bretagna era ricca, e il ferro: una produzione stimolava l'altra e la
rete dei trasporti veniva incessantemente migliorata in modo da sostenere tale
sviluppo. Nel corso degli anni le innovazioni continuarono ad
aumentare tanto che la produzione di ferro passò dalle 15mila
tonnellate del 1750 alle 445mila del 1823, con la conseguente possibilità di
ampliare notevolmente la costruzione delle ferrovie, la diffusione dei
trasporti e la distribuzione delle merci.
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